Cosa fare quando i bambini sgattaiolano nel lettone? Non è possibile dare una risposta univoca a questa domanda, perché dipende dall’età del bambino, dalla tappa di sviluppo che sta vivendo, ma soprattutto dalle abitudini e dalle scelte proprie di ciascuna famiglia. Ce ne parla la nostra esperta del sonno, la psicoterapeuta Biancamaria Acito.
Quando in consulenza i genitori mi chiedono preoccupati se stanno facendo bene o male a fare dormire il figlio con loro, chiedo di fare un passo indietro e pensare al MOTIVO per cui lo stanno facendo, se si tratta di una scelta consapevole oppure di una SOLUZIONE FORZATA trovata “per disperazione”. In altre parole, se riescono tutti a dormire serenamente oppure se si tratta dell’unica modalità trovata per far fronte ai frequenti risvegli notturni del bambino. In questo caso, spesso uno dei due genitori è portato a “migrare” sul divano e, a volte, neppure il bambino riposa bene, perché i suoi risvegli potrebbero essere dovuti a fattori che non si esauriscono grazie al sonno condiviso.
Questo vale anche e soprattutto nel caso in cui si tratti della scelta di uno solo dei due genitori, che la impone all’altro: mi capita di frequente di parlare con famiglie in cui uno dei due genitori viene “sfrattato” dal lettone per fare spazio al bimbo. In queste situazioni il rischio per la relazione di coppia è alto e può essere utile rivolgersi ad uno psicologo per ricevere un supporto specializzato in merito.
Se l’opzione “letto condiviso” non è quella ottimale per la famiglia in questione, infatti, è possibile accompagnarla con gradualità ad adottare altre soluzioni.
Ogni situazione familiare è del tutto unica e va considerata nel suo complesso: per questo è FUORVIANTE AFFIDARSI A LIBRI O ARTICOLI che forniscono “ricette” universali, all’apparenza facili da applicare, ma in realtà non sempre rispondenti ai bisogni del bambino e dei suoi genitori. Il “luogo” della nanna rappresenta una questione controversa da decenni: i sostenitori del “dormire tutti insieme nel lettone”, infatti, attualmente sono numerosi quasi quanto i convinti assertori dell’importanza del possedere ciascuno i propri spazi. Del resto, fino ai primi del ‘900, era considerato normale far dormire i propri figli con sé, solo successivamente si è diffusa l’abitudine del “lettino” separato prima e della “cameretta” personale poi.
I fautori del bed-sharing (letto condiviso) portano a sostegno della propria scelta le teorie circa i benefici dell’alto contatto fra bambini e genitori, fra cui la teoria dell’Attachment Parenting di William Sears.
Inoltre il bisogno di sonno condiviso è in linea con la teoria dell’esogestazione. In base a questa teoria, nei primi mesi è molto forte il bisogno contatto fisico, perché il neonato avrebbe avuto necessità di rimanere nell’utero materno ancora qualche tempo per portare a termine la maturazione del sistema nervoso che gli consente il controllo volontario dei propri movimenti e la percezione dei propri limiti corporei. Fino a quel momento, quindi, spetta ai genitori fornire questo “contenimento” tenendo in braccio e vicino a sé il proprio bambino, anche durante il sonno.
D’altro canto, è importante prendere in considerazione le indicazioni per il “sonno sicuro”, ovvero gli accorgimenti necessari per ridurre il rischio di “Sids” (Sudden Infant Death Syndrome), comunemente conosciuta come “morte in culla”. Sono tanti i fattori da considerare rispetto a questo, per esempio l’eventuale assunzione di alcool o farmaci (che rischiano di alterare la capacità di risveglio da parte dei genitori), ma anche il sovrappeso di uno dei genitori, una condizione di stanchezza elevata o anche soltanto l’uso di piumoni o coperte pesanti.
Inoltre, si raccomanda di fare estrema attenzione con i bambini nati pre-termine e in generale di piccole dimensioni, così come nel caso di fratellini che già condividono il lettone con i genitori, perché potrebbero muoversi in modo incontrollato nel sonno.
Una variante rispetto al bed-sharing è il co-sleeping: si intende il sonno condiviso nella stessa stanza, ma non nel medesimo letto: per alcuni genitori questa può rappresentare una soluzione più rassicurante dal punto di vista della sicurezza.
È vero, infatti, che il sonno delle mamme solitamente è più “leggero”: sembrano programmate per natura a svegliarsi al minimo suono prodotto dal proprio bambino; tuttavia alcune mamme mi hanno espresso la loro preoccupazione di poterlo involontariamente schiacciare durante il sonno (o anche che lo potesse fare il papà).
Un’altra possibilità per chi vuole tenere accanto a sé il proprio bimbo in sicurezza è quella di scegliere il side – bed: si tratta di una culla a cui si può togliere una sponda (o già predisposta aperta da un lato) e regolabile ad altezze diverse così da adattarsi perfettamente al letto matrimoniale e potersi agganciare saldamento ad esso. In tal modo, la culla si trasforma in una specie di prolungamento del lettone: il bambino può dormire in sicurezza accanto alla mamma, alla quale basta allungare un braccio per toccarlo e allattarlo durante la notte.
Un vantaggio di questa soluzione è che nessuno dei due genitori deve rinunciare al proprio spazio nel letto per tenere vicino il figlio. Tra l’altro, pare non essere neppure troppo difficile realizzare un side-bed in proprio, ad esempio adattando un lettino classico.
Quando è nato il mio primo bimbo il side-bed non era così diffuso come ora, perciò avevo acquistato una culla tradizionale non modificabile che mi è rimasta in eredità anche per il secondo. In caso contrario l’avrei scelto, perché ho allattato al seno entrambi i miei bimbi e devo ammettere che era particolarmente emozionante dormire insieme durante e dopo la poppata. Li ho tenuti spesso con me nel lettone, ma utilizzavo il cuscinone da allattamento, in modo da fornire loro una sorta di protezione, soprattutto dal loro papà, che sembrava avere un sonno più pesante del mio.
Ripeto, non so se sia leggenda o meno, ma credo che le neo-mamme “sentano” di avere accanto il proprio bambino anche se stanno dormendo (e probabilmente questo è vero anche per i neo-papà, ma va chiesto a loro!).
Non esistono scelte giuste e sbagliate in assoluto: l’importante è garantire sempre le norme di sicurezza, essere consapevoli di quello che si sta facendo e scegliere la soluzione più congeniale per sé e la propria famiglia.
Biancamaria Acito
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