A scuola, stare seduti dietro al banco; a casa, stare seduti dietro la scrivania per fare i compiti. Spesso i bambini, e non solo loro, riscontrano una decisa difficoltà a mantenere la concentrazione e un alto livello di attenzione. Tanto più quando si tratta di stare fermi dietro a un tavolo, a casa o a scuola. E che ne è dello svolgimento dei compiti o della comprensione delle lezioni a scuola? Ci parla di questo argomento la nostra esperta di pedagogia, la Dottoressa Giovanna Rodolfi, dello Studio DiSegni!
Mantenere alta l’attenzione: perché è così difficile?
La capacità di mantenere l’attenzione focalizzata su un obiettivo non solo varia da persona a persona, ma dipende anche da una molteplicità di fattori ed è quindi estremamente mutevole.
A influire su quanto riusciamo a concentrarci su un compito che dobbiamo svolgere è:
- quanto ci piace e ci interessa in quel momento ciò che stiamo facendo;
- se siamo sereni o piuttosto distratti da pensieri o preoccupazioni;
- il contesto in cui ci troviamo, in grado di aiutarci in questo senso, oppure no.
Questo vale sia per noi adulti, sia, a maggior ragione, per i bambini.
Sono pochi i bambini della scuola primaria e secondaria di primo grado che riescono a rimanere focalizzati su un compito specifico dall’inizio alla fine. Si è detto e scritto tanto riguardo alle caratteristiche di questo fenomeno e alle sue cause. Gli autori concordano sul fatto che i bambini si distraggono sempre più facilmente. La curva dell’attenzione tende a diminuire progressivamente: ciò significa che i bambini riescono a rimanere concentrati per un tempo sempre più breve.
All’interno di questa nutrita serie di esempi troviamo sia bambini con deficit dell’attenzione e concentrazione, sia bambini che detestano la scuola e tutto quello che le ruota attorno (i compiti, prima di tutto). Ma anche bambini che stanno vivendo problematiche di vario genere nella loro quotidianità o, piuttosto, bambini semplicemente distratti, poco interessati.
Distratti, ma in che modo?
Data l’estrema diversificazione dei casi e delle relative motivazioni, sarebbe assurdo pensare di proporre una ricetta buona per tutti; tuttavia azzarderò una sorta di semplificazione a partire dalle domande dei genitori. Le richieste che mi vengono sottoposte in merito a questo problema possono essere ricondotte essenzialmente a due tipologie:
- Mio figlio non riesce a stare concentrato sui compiti: si alza di continuo, si distrae, le prova tutte pur di non stare fermo un minuto sul libro. Mi gira la testa a guardarlo! E ha sempre in mano quel benedetto cellulare…!
- Mio figlio non riesce a stare concentrato sui compiti: magari passa delle ore sui libri, ma io vedo che ha la testa da un’altra parte, è distratto. Fisicamente è lì, ma con la testa chissà dov’è… E ha sempre in mano quel benedetto cellulare…!
Strumenti operativi per stimolare l’attenzione nei bambini
Prima regola: bambini e cellulari vanno separati nel momento dei compiti (e generalmente i bambini stessi convengono che è una scelta opportuna). Al di là dell’estrema banalizzazione con cui ho schematizzato sopra due situazioni che aprono una serie infinita di ipotesi di lavoro, tutte diverse tra loro, tuttavia, mi sembra utile proporre qualche strumento operativo che nella mia esperienza si è rivelato non certo risolutivo, ma efficace.
Occore tenere sempre presente che queste problematiche devono essere affrontate attraverso percorsi individuali e articolati che si fondano su principi e metodologie quali l’ascolto attivo, l’empatia, il potenziamento dell’autostima, della fiducia in se stessi e del rispetto di sé, delle proprie peculiarità e dei propri tempi. Strumenti come quelli illustrati qui brevemente possono rappresentare dei validi ‘facilitatori’ all’interno di tali percorsi.
Homework Station
Inizio proponendo la realizzazione di uno strumento particolare: la Homework Station ( chiamata familiarmente dai miei bambini in studio ‘il muretto’). Ho appreso della Homework Station dal Dott. Gianluca Daffi, grande esperto di ADHD, i cui corsi e le cui pubblicazioni offrono sempre spunti di riflessione estremamente importanti e impagabili suggestioni da sperimentare nell’agire educativo quotidiano.
Si tratta di uno strumento pensato per facilitare la concentrazione di bambini con ADHD, ma io la utilizzo anche con bambini che semplicemente si distraggono con facilità.
La Homework Station nella foto è stata realizzata da una bambina di 8 anni. Come si vede, è una sorta di ‘teatrino’ realizzato con una base di cartone, che ciascun bambino personalizza (arreda, direi) con immagini e oggetti che lo aiutano a mantenere l’attenzione focalizzata sul compito che sta svolgendo, creando così un angolo accogliente e protetto da eventuali fattori distraenti.
Per questi motivi ciascuna Homework Station è un mondo a sé, assolutamente personale, per la cui progettazione e realizzazione è fondamentale dedicare un tempo adeguato, in cui il bambino si immerge tenendo al suo interno gli oggetti che servono e lasciando all’esterno tutto il resto. Si tratta pertanto di uno strumento vivo, che può essere continuamente ripensato e modificato per essere sempre aderente alle necessità del momento e perciò efficace.
Alla domanda “Dov’è meglio che mio figlio faccia i compiti?” io rispondo solitamente con quella che può sembrare un’ovvietà (ma non è): “Dove sta bene’” La possibilità di poter corrispondere alle proprie esigenze in questo senso è fondamentale per migliorare il livello di attenzione e quindi di apprendimento. La Homework Station permette ai bambini che si distraggono facilmente di portare con sé il proprio “angolino” di concentrazione dovunque facciano i compiti.
Bambini… troppo energici per stare fermi a studiare?
Una dotazione di energia strabordante spesso può rivelarsi un ostacolo insormontabile per mantenere un livello costante di attenzione anche solo per pochi minuti. Una cosa è certa. È assolutamente controproducente cercare di far stare seduto a una scrivania in modo forzato un bambino che non riesce a stare fermo. Occorre quindi educarlo ad ascoltare le proprie esigenze. A rispettarle, a gestire un’energia spesso tanto grande da diventare penalizzante e non certo a reprimerla.
Per la realizzazione di questo scopo soccorrono svariate metodologie. Un piano di lavoro giornaliero ad esempio, che preveda un’alternanza tra momenti di studio e momenti di rilassamento. I momenti di relax sono da concordare di volta in volta col bambino, così da potenziarne il livello di consapevolezza.
È importante che il bambino, una volta adeguatamente responsabilizzato rispetto al proprio lavoro, possa alzarsi e muoversi quando ne sente la necessità.
Una cycletta… da scrivania!
Affinché il bambino abbandoni sempre con minor frequenza la postazione di lavoro, interrompendo così il compito che sta svolgendo, utilizzo una piccola cyclette sotto al tavolo su cui il bambino può pedalare ogni volta che ne sente la necessità, senza alzarsi dalla sedia. Si tratta di uno strumento molto semplice, dalle dimensioni e dal costo ridotti, che si trova in qualsiasi negozio o grande magazzino di articoli sportivi.
Può essere utilizzato anche a scopo per così dire “preventivo”. Uno dei miei bambini, di seconda elementare, prima di iniziare i compiti e poi a intervalli più o meno regolari (quando stare fermo diventava impensabile) mi dice: “Gio, aspetta che mi sfinisco un attimo!” Quindi pedalava furiosamente per un minuto e, una volta letteralmente scaricato a terra l’eccesso di energia che non gli consentiva di concentrarsi, iniziava tranquillamente a fare i compiti.
Punching ball: un gioco, uno sport, un’occasione di gestione delle proprie emozioni
Un altro strumento che utilizzo sovente per aiutare i bambini che hanno un carico di energia (talvolta di rabbia) che deve essere depositato da qualche parte è il punching ball.
Anche in questo caso si tratta di un oggetto che può essere trattato semplicemente come un gioco o può essere valorizzato nelle molteplici valenze educative che contiene.
Innanzitutto occorre spiegare ai bambini che non si tratta semplicemente di un sacco da prendere a pugni, ma che rappresenta il centro dell’allenamento di un sport duro e difficile che si basa su una tecnica molto complessa. Imparando a portare i colpi in modo corretto, il bambino compie uno sforzo fisico importante e questo lo aiuta a rilassarsi e a parlare liberamente della rabbia, della frustrazione, della paura o di qualunque altra emozione stia rivivendo in quel momento sotto ai suoi guantoni.
Altra cosa fondamentale è la condivisione dell’importanza del dialogo, soprattutto nelle controversie. Il bambino impara che “portare i colpi” non può essere in nessun caso una forma di comunicazione. Si tratta piuttosto di uno sport. Come tale è confinato all’interno di un contesto molto ben definito e limitato, con regole precise. Solo dopo che si sono indossati i guantoni e solo contro un sacco si possono tirare i colpi.
Giovanna Rodolfi
Studio DiSegni
Lo Studio Disegni è a Parma, in Via Duccio Galimberti, 16.
Info 338.4481474 – www.studiodisegni.com
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