Ramona Pagnottaro, psicologa degli apprendimenti che collabora con ParmaKids, ci spiega perchè i nostri bambini dovrebbero tornare a giocare ai giochi di una volta: a nascondino, a mondo, a strega comanda colore e a uno due tre stella… non solo!
Ormai tanti genitori e insegnanti si rendono conto dell’importanza di giochi come i mattoncini, le costruzioni, così come tante neo mamme sanno che è importantissimo parlare tanto ai loro bambini anche quando non possono rispondere.
Insomma si sta diffondendo sempre più l’idea che i piccoli siano molto recettivi e tanti più stimoli “grezzi” offriamo loro, tanto più il loro cervello lavorerà e sperimenterà. La psicomotricità mi ha sempre affascinato perché porta in sé due termini che secondo me descrivono in modo completo ciò di cui abbiamo bisogno per evolvere: la mente e il movimento.
Il corpo, lo spazio, la percezione, le sensazioni. Sono cibo preziosissimo per il nostro essere umani. Oggi dobbiamo insegnare ai bambini a muoversi nello spazio, a percepire le distanze, a relazionarsi con i vuoti e i pieni e con il tempo.
Non vorrei sembrare nostalgica ma dobbiamo re-insegnarlo, perché ci sono abilità sensoriali e percettive che i bambini hanno perso proprio perché non le sperimentano più quando dovrebbero, cioè da piccoli, e non nei posti giusti, cioè fuori, in cortile.
- Quando giocavamo a nascondino stavamo esercitando la nostra capacità di rappresentarci un oggetto quando non lo vediamo;
- quando giocavamo a campana (o mondo), praticavamo la coordinazione motoria, la stima delle distanze, la proiezione e la direzione.
- in una gara si imparava a nominare chi arrivava “primo”, “secondo”, ecc… cioè l’ordinalità dei numeri.
- quando si giocava a strega comanda colore! il nostro cervello faceva un esercizio straordinario di flessibilità cognitiva, perché svolgeva due compiti nello stesso tempo: cercare e identificare un colore nello spazio e attivare il corpo per raggiungerlo nel minor tempo possibile.
- con un due tre stella stavamo assimilando il concetto di prima, dopo, avanti e indietro.
- quando si giocava semplicemente a rincorrersi poi, in un colpo solo si imparava a valutare lo spazio a disposizione e la nostra direzione, ma dovevamo avere negli occhi lo spazio e la direzione degli altri per non essere presi.
Questa capacità è alla base della nostra possibilità, da ragazzi e adulti, di valutare lo spazio sociale e quindi la prossimità o la lontananza degli altri e degli oggetti come eccessiva o sufficiente, come pericolosa o necessaria. Ci impone cioè la valutazione dei limiti fisici e mentali nostri e degli altri, che funzionano come campanelli di allarme per farci diventare capaci di vivere in mezzo agli altri.
Andando ancora più in là oserei dire che questa capacità di vedere i limiti implica quella di rispettarli, e di abituarsi ad avere negli occhi la visione e lo spazio degli altri.
Il bullismo, oltre alle sue innumerevoli concause e caratteristiche, porta con sé anche questo: i bulli non vedono questi limiti spaziali e sociali, e se li vedono vogliono deliberatamente oltrepassarli, per una serie di motivazioni diverse.
Mi è capitato, nell’ambito di una formazione, di fare un esercizio bellissimo: in 5 o 6 dovevamo camminare per la palestra e ogni tanto fermarci a guardare l’altro negli occhi. La prima volta mi e ci ha procurato molto imbarazzo, ero attenta alla mia espressione, mi chiedevo cosa pensasse l’altro. Poi lo abbiamo ripetuto dopo aver fatto 10 minuti di percezione corporea: sdraiati dovevamo visualizzare tutte le parti del nostro corpo. Il risultato è stato sorprendente: la seconda volta eravamo tutti più sicuri di noi stessi, meno imbarazzati, più liberi di osservare veramente l’altro.
Conoscere e ri-conoscere il proprio corpo permette di avere un punto di riferimento fondamentale per imparare, perché all’inizio è l’unico strumento che abbiamo per riflettere e comprendere lo spazio circostante.
Non a caso nel nostro cervello sono disegnate, letteralmente, tutte le parti del nostro corpo. Poterlo usare come bussola e conoscerne le caratteristiche e le sensazioni vuol dire essere presenti a sé stessi, ri-conoscersi appunto e legittimarsi. I bulli non riconoscono sé stessi e per affermarsi hanno bisogno di imporsi.
Come sostiene una branca della psicomotricità che si chiama psicomotricità neurofunzionale, abbiamo strutturato l’infanzia dei bambini in modo tale che esercitino subito le funzioni mentali superiori, come la simbolizzazione e la rappresentazione (vedi tablet, smartphone ….), ma stiamo facendo saltare loro la parte sensoriale ed esperienziale su cui si innestano queste funzioni.
Dai 3 ai 6 anni i bambini dovrebbero esperire, sentire, valutare, sperimentare in primo luogo con il corpo in relazione allo spazio, e poi a 6 anni saranno in grado di elaborare queste esperienze a livello conscio, e quindi di esserne consapevoli ed elaborare i concetti relativi.
Ma se non diamo loro materiale e spazi giusti per fare queste esperienze, cosa potranno percepire a 6 anni?
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