Intelligenza numerica. E subito si penserà a piccoli geni, scuole speciali, bimbi capaci di parlare lingue sconosciute e fare operazioni complicatissime a mente…
E invece no. Vi parlo dei nostri bambini, tutti quanti, perché la matematica è l’espressione adulta di una cosa che tutti possediamo in quanto possediamo un cervello, ovvero l’intelligenza numerica. Chi più chi meno si dirà, sì ma tutti partiamo dallo stesso starter e tutti abbiamo quelle capacità che ci renderanno abili calcolatori e soprattutto abili esploratori del mondo attraverso i numeri. Perché di questo si tratta.
Il nostro cervello, si è scoperto, è in grado di discriminare e aspettarsi la numerosità entro il 3 già a 0 mesi di vita, e di compiere stime di aggiunta e sottrazione a 5 mesi! Per sapere che stiamo guardando un insieme di 3 o 4 elementi nessuno di noi, neanche i bambini, ha bisogno di calcolare perché attiviamo un processo automatico di stima. Quindi i numeri ci appartengono e se ci appartengono un motivo ci sarà.
Eppure studi italiani effettuati dal Centro Nazionale di Documentazione e Analisi per l’Infanzia e l’Adolescenza (2006) stimano attorno al 20% l’incidenza delle difficoltà di calcolo nella popolazione scolastica. Ricerche italiane (Rizzi e Caobelli, 2005) mostrano difficoltà di vario tipo in bambini della primaria, relative a diversi processi di elaborazione del calcolo e di conoscenza aritmetica.
Ci sono bambini in ritardo nell’apprendimento delle abilità di calcolo, altri con deficit nella comprensione della conoscenza numerica, altri che non automatizzano il calcolo.
Perché?
Cosa fa o non fa di noi persone capaci di affrontare il calcolo e vedere il mondo in termini di numeri? Una parte di questi bambini incontra difficoltà definite come veri e propri disturbi dell’apprendimento dei numeri in questo caso, una vera patologia a base biologica, ma questa è davvero una piccolissima parte. Per tutti gli altri, adulti compresi, parliamo di difficoltà in matematica, che si potrebbero risolvere o evitare del tutto se cambiasse un certo modo di approcciarsi ai numeri o se si potenziassero abilità rimaste “sopite” per così dire.
La risposta è l’intelligenza numerica, letteralmente parlando, la capacità di “includere dentro”, di leggere il mondo in termini numerici.
E come la sviluppiamo?
Anche qui la risposta c’è: allenando i precursori del calcolo, quelle abilità innate che ogni bambino ha e che se incontrano un metodo didattico appropriato alla loro logica, si sviluppano in modo esponenziale.
Facciamo alcuni esempi
Per i bambini di 4 e 5 anni che si avvicinano al mondo dei numeri non ha senso rappresentare la sequenza numerica su una linea orizzontale, perché niente nel nostro cervello e nella natura ci dice che andando a destra il valore aumenta mentre a sinistra diminuisce. Invece una scala si presta molto meglio allo scopo: come vediamo fare a ad un fiore che diventa pianta sviluppandosi in verticale, più si sale più si cresce, si aumenta, e anche il valore dei numeri lo fa.
E attenzione al linguaggio, insegnare ai bambini che 8 è più grande di 5 è fuorviante perché la grandezza è una dimensione spaziale, mentre il dominio del numero ha a che fare con la numerosità, dove ce ne è di più e dove ce ne è di meno. Dimensione e numerosità non sono la stessa cosa, anche se all’inizio i bambini confondono queste due dimensioni, prova ne è che per loro 1 orso è “di più” di 10 coccinelle.
Altro esempio, saper contare implica abilità apparentemente slegate ma fondamentali, come avere ritmo, imparare le filastrocche, associare movimenti alle canzoni. Perché? Perché è così che impariamo anche le parole, e così una sequenza, che per noi è ancora una semplice enumerazione, viene ricordata meglio, fino a che il cervello si domanda che senso ha ripetere una cantilena potenzialmente infinita, e si trova la risposta da solo applicandole una logica: deve esserci un ordine, un prima e un dopo, in questo modo posso ricordarmela, fermarmi quando voglio e ricominciare, posso manipolarla questa sequenza! Eccoci arrivati all’ordine stabile e alla conta!
Questi sono solo piccoli esempi ma il concetto di base è che forse non diamo l’opportunità ai bambini di farsi delle domande, e non forniamo loro strumenti per rispondersi. Una neuropsichiatra che ha curato la diagnosi di alcuni bambini che seguo mi ha fatto notare che i bimbi che arrivano da lei cadono quasi tutti nelle prove verbali, quelle che richiamano conoscenze quotidiane, strumentali, che dovrebbero essere veicolate dai genitori a di chi si occupa di loro. Ovvero, noi adulti siamo così occupati a stare in silenzio pensando ai nostri affari o così pronti a metterli davanti ai tablet (sicuramente utili per altre cose), che dimentichiamo dii spiegare loro le cose che vedono. Anche le più banali, come a cosa serve una cintura, che banali sono per noi, non per loro. In auto, in fila alla cassa, in giardino, in bagno, ci sono mille occasioni di riflessione da indurre nei bambini, senza svelare loro tutto, lasciando uno spazio nella loro mente che occuperanno con ipotesi e scoperte. E i numeri in questo sono strumenti meravigliosi. Dappertutto potete cogliere occasioni per parlare loro di quantità, molto, tanto, poco, di più di meno, che sembrano concetti banali, ma tantissimi bambini incontrano difficoltà in matematica all’inizio del percorso scolastico perché non hanno “esperito” cosa voglia dire ciascuno, e non lo chiedono, perché si vergognano, e in questo modo non faranno altro che basare il loro percorso su fraintendimenti e difficoltà.
Tutti questi pre-abilità si prestano tantissimo all’allenamento attraverso il gioco, e la scuola dell’infanzia è un luogo privilegiato in questo senso, per rinforzarle e prenderne coscienza.
Quindi il mio consiglio, ma soprattutto quello di chi queste cose le studia, è: parlate con i bambini, fate notare che una macchina ha 4 ruote e una bici 2, e provate anche se piccoli a chiedere perché secondo loro, o cosa succede se a 3 bicchieri sulla tavola ne aggiungo 2 o ne tolgo 1. Quando contate in avanti partite dall’1 e non dallo zero, perché il concetto di assenza è legato alla presenza che scompare e quindi applicabile solo alla conta all’indietro e non a quella in avanti. Deve essere sempre tutto sotto i loro occhi, l’esperienza è una maestra molto brava nei primi anni. Inoltre approfittare dei momenti più quotidiani e casuali è di grande aiuto all’apprendimento perché sono momenti in cui non viene apparentemente richiesto loro di imparare, e quindi sono meno inibiti, più liberi nel rispondere e nello scoprire.
Lasciate loro le dita, sempre, perché sono la nostra calcolatrice naturale, e i bambini spontaneamente le usano per iniziare a calcolare e a scoprire le prime strategie di calcolo.
Ecco quindi cos’è l’intelligenza numerica. E ci sarebbe molto altro da dire, ma intanto alla voce “competenze” il vostro bambino potrà sicuramente aggiungerla.
Ramona Pagnottaro