Cosa può sapere un neonato, quando ancora non ha imparato niente? Al Babylab, il Laboratorio di scienze cognitive e psicolinguistiche della Scuola Normale Superiore di Parigi, i ricercatori indagano per scoprire se i bebé appena venuti al mondo siano dotati di abilità innate. I risultati mostrano che un neonato possiede già un gran numero di competenze, e le possiede addirittura prima della nascita. Alcune di queste sono linguistiche, altre invece riguardano la matematica e addirittura la statistica.
Ma come fanno i ricercatori ad evidenziare competenze di bambini così piccoli da non essere neppure in grado di sollevare la testa?
Se siete curiosi, apriamo virtualmente la porta del Babylab, per assistere a qualche esperimento: un neonato è pacificamente addormentato in un comodo lettino, con vari elettrodi disposti su ciascun lato del cranio. Ai suoi piedi, due altoparlanti riproducono delle serie di quattro sillabe identiche, pronunciate da una voce di sintesi: “ga-ga-ga-ga”. A volte, l’ultima sillaba cambia : “ga-ga-ga-ba”: immediatamente gli elettrodi registrano una reazione nel cervello, a livello della regione implicata nell’elaborazione del linguaggio. Segno che, perfino durante il sonno, il neonato è in grado di discriminare a livello inconscio le sillabe. Ancora più sorprendente è il fatto che si tratti di un bimbo di appena tre giorni, nato prematuro dopo solo 32 settimane di gravidanza, che avrebbe dovuto restare per altri due mesi nella pancia della mamma.
Il nostro cervello sembra quindi configurato prima della nascita per trattare il linguaggio.
L’interrogativo è se queste capacità siano innate, cioè iscritte nel patrimonio genetico della specie Homo sapiens. Nel caso del linguaggio il parere di molti scienziati è affermativo: come si spiegherebbe altrimenti la capacità dei bambini di imparare così rapidamente a parlare, a volte anche più lingue nello stesso tempo? O come spiegare che, già a due anni di età, essi riescono a comprendere e a formulare frasi mai sentite prima?
Un ulteriore argomento a favore della tesi innatista proviene dallo studio dei primati. Sappiamo che gli scimpanzé possono arrivare a apprendere un centinaio gesti e usarli per comunicare. Tuttavia, i primati che hanno questa capacità si limitano ad associare un simbolo a un significato ma non sono in grado di combinare tra loro le ‘parole’ che hanno imparato per esprimere un concetto più complesso, come invece fanno i bambini.
Il nostro linguaggio sembra essere un caso unico nel mondo animale, suffragando l’ipotesi secondo la quale l’uomo sarebbe dotato di una grammatica mentale innata, che gli permette di generare un numero infinito di nuove frasi.
Ma questi ‘superpoteri’ non riguardano solo il linguaggio: i bebé hanno delle intuizioni anche in campo matematico, come dimostra un esperimento effettuato ad appena una trentina di ore dalla nascita. Installati su un seggiolino inclinato di fronte a uno schermo, ai neonati sono dapprima state fatte ascoltare serie di quattro o dodici suoni; successivamente venivano mostrate sullo schermo delle serie di oggetti, in numero uguale o diverso a quello dei suoni proposti. I bambini che avevano ascoltato le serie di quattro suoni guardavano più a lungo le immagini di quattro oggetti e viceversa, prova, secondo i ricercatori, della capacità di rilevare una corrispondenza numerica tra stimoli sonori e uditivi.
Questa capacità astratta, denominata da alcuni senso del numero, sembra essere indipendente dalla modalità sensoriale ed è di tipo approssimativo -‘poco’ rispetto a ‘molto’- non essendo invece i neonati in grado di distinguere quantità troppo vicine tra loro.
Una teoria intrigante, formulata dal neuroscienziato francese Stanislas Dehaene, ipotizza che tale intuizione numerica sia al servizio di un’altra competenza, anch’essa innata: il senso della probabilità. Neonati in grado di fare calcoli probabilistici? Ebbene sì, questa capacità, presente già dai primi mesi di vita servirebbe a prendere decisioni e più in generale all’apprendimento.
Sorprendenti in questo senso i risultati dello studio condotto da alcuni ricercatori dell’Università di Vancouver: a dei piccoli di otto mesi è stato mostrato un video in cui uno sperimentatore, ad occhi bendati, mette la mano in un’urna opaca riempita di palline bianche e rosse e ne estrae, una ad una, cinque palline: quattro rosse e una bianca. Subito dopo, l’urna si apre: in un caso il contenuto è per la maggior parte costituito da palline rosse, nell’altro invece da palline bianche. Come accadrebbe per un adulto, i bambini guardano più a lungo la situazione improbabile (quella in cui l’urna è composta per lo più da palline bianche), evidentemente sorpresi dall’incoerenza della situazione. I bebé sarebbero quindi capaci, a partire da semplici osservazioni, di intuire con un calcolo probabilistico il possibile contenuto dell’urna.
Allo stesso modo, osservando la realtà che li circonda e rilevandone regolarità e cambiamenti, i bambini costruiscono poco a poco la propria rappresentazione del mondo: in poche parole, apprendono.
Attualmente gli scienziati sono favorevoli a un modello in cui il nucleo di competenze innate – di tipo linguistico, aritmetico, statistico ecc. – rappresenta probabilmente il frutto di un’evoluzione durata milioni di anni, in cui sono stati selezionati i meccanismi che permettono di imprimere nel DNA le intuizioni utili per capire il nostro ambiente.
Certo è che, ben lungi dall’essere una ‘tabula rasa’ come si credeva all’inizio del XX secolo, il cervello dei bambini appena nati assomiglia piuttosto a un computer già equipaggiato con algoritmi di analisi e elaborazione della realtà, per adattarci al mondo che ci circonda nella maniera migliore possibile.
Se, come lo sono io, anche voi siete affascinati dall’argomento e avete domande, curiosità o altro… scrivetemi all’indirizzo irene.spolveri@parmakids.it oppure visitate il sito del Babylab www.lscp.net
Irene Spolveri
Logopedista