Avete mai sentito parlare di discalculia? E’ stato ormai dimostrato che, contrariamente a quanto si credeva fino a qualche decennio fa, già a sei mesi i bambini possiedono capacità insospettate nel confrontare, addizionare o sottrarre delle piccole quantità. Sappiamo anche che il possesso di una competenza numerica innata (chiamata da alcuni ricercatori “senso dei numeri”) non è una prerogativa esclusiva della specie umana: numerosi animali, come le scimmie, i delfini, gli uccelli e perfino i roditori possiedono un elementare senso dei numeri, simile a quello posseduto dal bambino.
Sembra quindi che la rappresentazione mentale dei numeri accomuni uomini e animali nel corso dell’evoluzione: la percezione del numero comporta un indubbio vantaggio evolutivo, basta pensare che stimare correttamente una quantità di cibo (o di nemici!) può fare la differenza nella lotta per la sopravvivenza…
Eppure, per alcuni bambini, stimare a occhio quale di due insiemi contiene un numero maggiore di elementi, ordinare una serie di numeri in maniera crescente o decrescente, o risolvere una addizione semplice come 8+4, rappresentano compiti difficilissimi, se non impossibili da risolvere.
Questo disturbo è chiamato ‘discalculia evolutiva’, dove l’aggettivo ‘evolutiva’ indica che il disturbo compare nell’infanzia e di conseguenza si ripercuote sulla qualità dell’apprendimento scolastico. Anche da adulti, i discalculici che non utilizzano adeguate strategie di compenso possono continuare a incontrare difficoltà in vari ambiti della vita quotidiana (come comprendere il prezzo di un prodotto, stimare una distanza o le dimensioni di un oggetto) ed anche il loro percorso professionale può risentirne.
Ma qual è l’origine della discalculia? Molto probabilmente vi è una componente genetica: studi effettuati su gemelli omozigoti indicano che quando uno dei gemelli è discalculico, nel 70% dei casi lo è anche l’altro. Inoltre le ricerche più recenti, condotte con tecniche di imaging cerebrale, hanno permesso di individuare una ampia rete di neuroni che si attiva durante un calcolo mentale. Gli studi condotti dall’équipe di Stanislas Dehaene, responsabile dell’unità di neuro-immagine cognitiva a Orsay, hanno portato a individuare la collocazione dei cosiddetti ‘neuroni del calcolo’ (ovvero neuroni sensibili al numero): sia nell’uomo che nella scimmia macaco essi sono localizzati in regioni cerebrali omologhe, che probabilmente si sono conservate nel corso dell’evoluzione; l’ipotesi è che nelle persone con discalculia vi possa essere una disorganizzazione di questi neuroni.
Come nel caso della dislessia, la discalculia è un disturbo di apprendimento che si manifesta in bambini con un quoziente intellettivo normale. La discalculia riguarda circa il 5% dei bambini in età scolare (non c’è un accordo unanime sulla prevalenza di questo disturbo, alcuni ricercatori indicano un tasso del 2%, altri del 7%), maschi e femmine in uguale misura.
Molti dei bambini che presentano difficoltà di apprendimento in matematica presentano anche difficoltà di apprendimento del linguaggio scritto (il 60% dei bambini dislessici ha anche una discalculia) ma in alcuni casi – più rari – la discalculia esiste anche come disturbo isolato.
La discalculia è meno conosciuta (e meno studiata) della dislessia, forse perché all’inizio della scuola primaria le richieste in matematica si mantengono su livelli bassi, ed è più facile riuscire a dissimulare le difficoltà, o sviluppare strategie alternative; oppure perché, più o meno inconsciamente, abbiamo l’idea che la matematica sia di per sé una materia ostica e che le difficoltà si possano spiegare tout court dicendo “mio figlio non è portato per i numeri”, affermazione meno problematica da accettare rispetto a quella “non è portato per la lettura”…
Ma veniamo alla diagnosi di discalculia. Questa si basa su alcuni criteri ben precisi:
- le abilità aritmetiche del bambino, valutate con test specifici, sono nettamente inferiori al livello atteso, tenuto conto dell’età e dell’insegnamento ricevuto;
- le difficoltà non sono legate a deficit intellettivi o sensoriali, né a problemi emotivi o comportamentali.
Comunemente la diagnosi non viene posta prima della fine del terzo anno di scuola primaria, in presenza dei criteri sopraelencati.
Se è vero che, in generale, la diagnosi non può essere fatta troppo precocemente, è però molto utile prestare attenzione ad alcuni segnali, che si possono cogliere già a partire dalla scuola materna, o nei primi anni della scuola primaria. Vediamone un breve elenco.
Prima dell’ingresso alla scuola primaria:
- difficoltà a distinguere il più piccolo o il più grande tra due insiemi di oggetti;
- non utilizzo delle dita per indicare gli oggetti da contare, o per indicare la propria età.
In età scolare:
- assenza del conteggio sulle dita: nei primi anni di scuola primaria le dita permettono il passaggio verso l’astrazione (possono rappresentare oggetti, ma anche persone o avvenimenti), successivamente molti bambini recuperano in memoria i risultati e abbandonano l’uso delle dita;
- difficoltà persistenti nel distinguere il più piccolo o il più grande tra due insiemi di oggetti;
- difficoltà nell’apprendimento della sequenza verbale dei numeri;
- difficoltà marcate nell’eseguire semplici calcoli;
- mancato apprendimento delle tabelline, che persiste anche dopo numerose revisioni;
- confusione tra i segni delle operazioni, e nell’applicare il giusto algoritmo.
Questi comportamenti divengono motivo per effettuare una indagine più approfondita soprattutto quando non si osserva una evoluzione nelle abilità numeriche e una progressiva sostituzione delle strategie ‘primitive’ con altre più mature. Ad esempio: per calcolare 4+2 la prima strategia consiste nel ricontare 1, 2, 3, 4, e poi continuare con 5, 6; crescendo ci si rende conto che è più rapido partire da 4 e proseguire con 5, 6.
La variabilità è molto ampia, ogni bambino rappresenta un caso particolare e non sempre i segnali di ‘allerta’ sono così evidenti. Tuttavia, se come genitori vi è capitato spesso di notare alcuni di questi comportamenti e avete delle preoccupazioni riguardo l’apprendimento della matematica, non esitate a rivolgervi a uno specialista: lo sviluppo delle competenze in matematica si costruisce in modo gerarchico, ovvero l’acquisizione di una certa abilità si basa sull’acquisizione di un’abilità precedente; per questo motivo è di fondamentale importanza intervenire precocemente, in modo che il bambino non salti nessuna tappa del percorso.
La discalculia, così come la dislessia, necessita di una rieducazione logopedica specifica, e per questo vi sono logopedisti specializzati nel recupero delle difficoltà in matematica. La messa in atto di un intervento mirato può fare la differenza, e il bambino può passare da una situazione di fallimento scolastico a dei risultati più che buoni. Grazie all’aiuto di uno specialista, che può consigliare strategie di apprendimento e eventualmente strumenti compensativi specifici, ci sono tutte le possibilità per portare a termine con successo il percorso scolastico.
Un ultimo consiglio per i genitori: cercate di favorire (e non ostacolare!) l’uso delle dita per contare e fare i primi calcoli: è una tappa necessaria, che quasi tutti i bambini – senza che nessuno glielo abbia insegnato!- mettono in atto spontaneamente per simulare l’addizione o la sottrazione. Inoltre, tutti i giochi di società in cui si utilizza un dado (come ‘Il gioco dell’oca’, ‘Non t’arrabbiare’, ‘Monopoli’ e tanti altri) oltre a rappresentare un momento di svago da condividere in famiglia, sono ottimi per promuovere i primi apprendimenti del conteggio e del calcolo divertendosi!